Il discorso del presidente Nazionale Usarci all’assemblea di Belluno

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Qui di seguito il testo integrale del discorso del Presidente Umberto Mirizzi, in apertura della 57° assemblea Nazionale Usarci

Gentili ospiti, amiche, amici, signori delegati,

grazie di essere qui all’apertura della 57^Assise nazionale dell’Usarci che segna il 66esimo anno di vita della nostra Organizzazione.

Come è consuetudine ci ritroviamo oggi per riflettere sulla condizione del Paese e della nostra Categoria. Dobbiamo farlo con assoluta schiettezza, guardandoci negli occhi, consapevoli di essere  parte di quella classe intermedia che oggi può ancora far ripartire il  nostro Paese, classe intermedia che  trae le proprie origini da quegli italiani laboriosi che , nel dopoguerra con tanta voglia di lavorare e tante idee,  hanno iniziato  una attività partendo dal nulla.

Con molta fatica, passione ed entusiasmo i nostri genitori hanno saputo dare a noi ed all’Italia un grande benessere. Ora è il nostro turno, ora spetta a noi dare speranza e dignità ad un Paese confuso, anestetizzato e sofferente che può e che deve farcela.

Le cifre della grande crisi le conoscete perché ognuno di noi le ha vissute ogni giorno sulla propria pelle attraverso gli occhi dei nostri clienti, delle aziende che rappresentiamo e delle nostre famiglie.

Si è ridotto il capitale produttivo, l’aumento della disoccupazione ha generato sconforto e compresso in maniera strutturale le aspettative di reddito. Umiliante ed intollerabile è il non riuscire ad offrire ai tanti giovani un’opportunità di lavoro.  Giovani costretti ad emigrare definitivamente all’estero per cercare un’occupazione.

Inoltre, e dobbiamo dirlo con chiarezza, le politiche di austerità volute dall’Europa non hanno prodotto alcun risultato per la ripresa dell’economia. Il terremoto c’è stato un po’ dappertutto, in Francia, in Danimarca, in Ungheria, in Slovenia, in Spagna, in Grecia e persino in Germania  ed i segni di malessere per l’Europa sono evidenti ovunque.

Se guardiamo con serena lucidità alla realtà, le prospettive di crescita sono deludenti; siamo ancora nella palude degli zero virgola, tanto per il PIL quanto per i consumi. E con schiettezza dobbiamo dirci che all’orizzonte non è prevista nessuna ripresa almeno per ora.

Dobbiamo salvarci  da soli.

Dobbiamo farlo anche perché è nel lavoro che si costruiscono le condizioni di soddisfazione individuale e collettiva di una società ed una società senza lavoro non ha futuro e nemmeno ragione di esistere. E quella non è l’Italia che noi vogliamo.

Per far ripartire l’economia e con essa l’occupazione, è necessario dare un completamento alle riforme, ammodernando il Paese, rivedendo il carico fiscale sulle imprese, ormai insostenibile, ed incentivando i consumi interni.

Le tasse in Italia si pagano tre volte: prima come imposte, poi come burocrazia ed infine come incertezza.

Deve finire l’atteggiamento del fisco italiano nei confronti di noi imprenditori onesti che ci fa sentire sempre un po’ dei sorvegliati speciali.

Abbiamo il primato della più alta pressione fiscale fra le economie più avanzate con un prelievo del 68% degli utili. E nella tortuosa giungla degli adempimenti vige la legge non scritta che solo chi è visibile e solvibile viene sottoposto ad accertamenti aggressivi ed onerosi.

Così come chi cerca il legittimo risparmio fiscale non può essere considerato automaticamente un criminale od un evasore, secondo la norma che concede a tutti gli imprenditori di poter detrarre il costo dei beni strumentali senza i quali non è possibile produrre il proprio reddito, così si deve applicare tale norma anche all’autovettura degli agenti di commercio, perché noi non siamo imprenditori di serie “B”.

Dobbiamo poter dedurre l’intero ammontare del costo delle nostre auto senza limiti o percentuali, perché è un nostro sacrosanto diritto. Su questo argomento vorrei verificare con il nostro Centro Giuridico la possibilità di aprire un contenzioso al tribunale europeo.

Per noi l’autovettura deve essere deducibile al 100%, perché senza l’auto non possiamo produrre il nostro reddito, e sia ben chiaro che questa non è una battaglia corporativa ma solo di equità e dignità.

Senza un vero riordino della spesa pubblica si corre il serio rischio di vanificare tutti i sacrifici fatti finora che possiamo misurare in termini di colleghi che non ce l’hanno fatta, di imprese che hanno chiuso, di perdita di posti di lavoro e di mancata occupazione.

Un’Italia come si deve, capace di ritornare ad essere il Paese che noi tutti abbiamo conosciuto prima della crisi,  non è poi così difficile da immaginare, serve una regolamentazione semplice, chiara e stabile.

Un’amministrazione al servizio del cittadino e delle imprese e non contro. Una giustizia rapida, efficiente e certa. Un’istruzione che sappia attrezzare i giovani alle nuove sfide del futuro ed un vero piano per il Paese che metta al centro ciò che rappresentiamo nel mondo: turismo, cultura, stile di vita, design, moda, alimentazione.

Si stima che tra 15 anni, nel mondo, la classe a medio reddito avrà circa un miliardo e mezzo di individui, più di mezzo miliardo sarà nei paesi emergenti. Signori stiamo parlando di tre Europe, di quattro Stati Uniti, stiamo parlando di un’immensità di persone.

Sono numeri che mettono i brividi ma che ci dicono quanto potenziale ha il nostro Paese in futuro e che possiamo tradurre in crescita e ricchezza perché una buona parte di questo mondo chiederà di accedere ai simboli e ai consumi del benessere: gusto, qualità, raffinatezza, personalità.

Di tutto ciò già ora esiste un sinonimo, un termine che racchiude in sé questi valori: il Made in Italy.

Fuori dalla porta abbiamo un’immensa ricchezza che, se allunghiamo la mano, possiamo portare a casa. Dobbiamo farlo e prepararci per essere, come siamo, i migliori.

Questa crisi, come tutte le crisi, ci sta ora proponendo delle grandi opportunità che per essere colte richiedono un rafforzamento della nostra economia ed in prospettiva la creazione di nuove imprese. Ma affinché ciò accada è indispensabile che chi apre una partita IVA non sia più trattato come un nemico della legge o un soggetto che tenta di aggirarla.

Non esiste luogo al mondo che richieda sette anni per autorizzare un negozio, due anni per un dehors di un bar, quindici anni per un supermercato e 170 giorni per incassare una fattura dalla Pubblica Amministrazione.

Le imprese sono un bene del Paese delle quali andare orgogliosi. Dovrebbero essere incentivate e non oppresse fin dalla loro nascita dagli ostacoli della burocrazia, dalla sua lentezza e dal costo eccezionale dell’energia.

Le imprese per nascere, crescere, creare ricchezza e posti di lavoro hanno bisogno di un ambiente circostante almeno buono, un ambiente solidale e non ostile rispetto alla sfida ed al rischio di intraprendere.

Per esempio è impensabile che un giovane per avviare l’attività di Agente di commercio, ancor prima di partire e di aver incassato un euro di provvigioni, debba sobbarcarsi un carico fiscale e para fiscale assurdo, perché questo non incentiva né la creazione di lavoro e nemmeno l’occupazione ma al massimo il lavoro nero.

Oggi abbiamo bisogno di creare lavoro appena possibile e dove è possibile, è indispensabile dare una spinta ad un settore che ha bisogno di duttilità come il terziario del quale la nostra Categoria fa parte e che ha sempre saputo creare, anche negli ultimi terribili anni, ricchezza e posti di lavoro.

Gli Agenti di commercio sono ormai da anni la figura professionale più ricercata dal mercato del lavoro, lo sono perché senza di noi le imprese non hanno gambe e fiato per espandersi e farsi conoscere, eppure sembra che a chi ci governa poco interessi tutto ciò.

Siamo convinti che vadano fatti investimenti dove ci sono più possibilità di occupazione, che anche lì vadano fatte politiche attive del lavoro e che anche nell’intermediazione commerciale debbano essere previsti incentivi e specifici ammortizzatori sociali.

Siamo convinti che il così detto “mono mandato” vada messo in soffitta definitivamente per vari motivi: perché è contrario allo spirito stesso del rapporto di agenzia, perché è contrario alle norme comunitarie sulla libera concorrenza, tant’è che il legislatore, in settori a noi affini quali l’agenzia assicurativa e le concessionarie d’auto, vi ha posto rimedio.

Il mono mandato incentiva un mercato del lavoro precario composto per larga maggioranza da veri e propri dipendenti, mal pagati e senza alcuna tutela – tutto questo deve finire.

Anche su questo tema, se il legislatore italiano non vorrà ascoltarci, solleciterò il Centro Giuridico Usarci per verificare la possibilità di proporre un’istanza presso il tribunale Europeo.

Il mono mandato non deve più esistere perché non ha più alcuna utilità in un mercato globalizzato e caratterizzato da una enorme concorrenzialità.

Siamo convinti che il sistema di incontro tra domanda ed offerta di contratti di agenzia vada reso più veloce e strutturato, per esempio coinvolgendo in tale ambito le Camere di Commercio, che peraltro, per effetto delle nuove norme, hanno una impellente necessità di offrire nuovi servizi e realizzare nuovi introiti.

La questione del lavoro non può che essere al centro della nostra discussione perché da essa dipende la dignità del Paese, della nostra Categoria ed il benessere delle nostre famiglie.

Noi Agenti di commercio, per la parte che ci compete, abbiamo il compito preciso di lavorare sodo e spingere le aziende che rappresentiamo affinché crescano, dobbiamo innovare i nostri processi di lavoro, realizzare reti di agenzia in grado di soddisfare le richieste di una distribuzione commerciale più rivolta ai servizi che alla vendita tradizionale, dobbiamo investire nella formazione e nella cultura.

Ma chi sta al Governo deve prestare attenzione anche alle nostre richieste ed alle nostre necessità, che non devono e non possono scaturire da bassi interessi corporativi o di lobby, ma da una visione generale che propenda all’aumento della competitività ed alla creazione di benessere e di occupazione.

Il lavoro non si crea per decreto ma nemmeno lo si stimola e lo si incentiva con regole sbagliate che possono distruggerlo.

Solo pochi anni fa la nostra Categoria contava in Italia circa 350.000 agenzie commerciali, oggi sono circa 230.000; in pochi anni la crisi ha bruciato solo nel nostro settore 130.000 imprese riducendo l’indotto di almeno 390.000 posti di lavoro.

Questa pericolosa tendenza va assolutamente cambiata.

Non possiamo più stare a guardare, a braccia incrociate e senza intervenire, la continua erosione di mercato perpetrata dai grandi intermediari che operano attraverso la rete informatica e che in pochi anni hanno cannibalizzato quote di vendite in tutti i settori.

Non possiamo permettere che i negozi dei nostri clienti diventino i camerini di prova di scarpe e vestiti poi acquistati in rete da strutture che operano senza alcun onere, che non pagano INPS ed Enasarco ma sono a tutti gli effetti degli Agenti di commercio.

Questa è concorrenza sleale nei confronti di chi, per lavorare, ogni giorno deve fare il pieno di benzina, centinaia di chilometri e che ogni trimestre con le provvigioni che incassa deve pagare contributi e tasse.

L’Usarci porterà anche questa istanza all’attenzione del Governo e dei Ministri competenti affinché  sia data risposta ad un’ingiustizia non più tollerabile.

Ma quella che ho raccontato fino ad ora è solo una parte della storia.

L’altra parte è fatta dall’Italia che è seduta qui oggi, che è un’Italia poco abituata a lamentarsi ed a mugugnare, che non può permettersi di rassegnarsi, che è vittima di mali antichi, che non è ostile alla cultura del merito e del rischio; qui è rappresentata quell’Italia che tutti i giorni si alza presto per andare a fare impresa, che lavora e che dentro la crisi cerca le opportunità di crescere.

L’Usarci rappresenta una parte del Paese che vuole diventare più competitiva, che affronta le grandi sfide guardandole negli occhi, che vuole e deve riuscirci.

In questa seconda parte della storia non voglio solo parlare di cosa ci attendiamo dal Governo, ma anche e soprattutto, di quello che abbiamo fatto e che ancora dobbiamo fare.

Abbiamo dato trasparenza all’interno della nostra Organizzazione sottoscrivendo un regolamento sul conflitto di interessi ed avviato la procedura per la revisione del nostro Statuto per renderlo coerente alle mutate esigenze della nostra Organizzazione ed entro breve perverremo ad un testo concordato da sottoporre alla nostra Assemblea.

Abbiamo avviato un’attività di formazione dei nostri quadri la cui finalità non è solo l’aggiornamento ma anche il dare una univocità alla nostra voce ed ai nostri servizi sul territorio e ciò al fine di poter assistere i nostri Associati in maniera sempre più completa e professionale.

Siamo entrati nel mondo accademico a Roma, Teramo e Torino. A Roma con una borsa di studio per una tesi di laurea sul contratto di agenzia; a Teramo con un corso di laurea in scienze della comunicazione ad indirizzo specifico; a Torino con  il Politecnico, con il quale abbiamo sottoscritto un accordo di consulenza strategica per assistere le start-up tecnologiche incubate nel Politecnico.

Abbiamo terminato uno sforzo immane sottoscrivendo l’Accordo Economico Collettivo del settore industriale che da dieci anni non si riusciva  a  concludere.

Portare a termine questa interminabile trattativa è stato un successo di cui l’Usarci deve prendersi il maggior merito perché con la sua sottoscrizione ha dato tangibile testimonianza di caparbietà e perseveranza riuscendo a portare a termine  un buon risultato per tutti noi, ed anche qui siamo stati bravi.

Ora dobbiamo affrontare un ulteriore sforzo nel rinnovare l’Accordo Economico del Commercio, un rinnovo appena avviato che mi auguro davvero ci accompagni fuori dalla crisi e che magari possa gettare qualche timida base per un nostro welfare integrativo; staremo a vedere.

Ma non basta.

Proprio in questo pessimo periodo per noi tutti, l’Usarci si è cimentata in un’iniziativa coraggiosa ed ambiziosa. Quella di centralizzare gli acquisti di tutte le autovetture degli Agenti di commercio tramite una Cooperativa.

La Cooperativa Fenyci, nata grazie ad un gruppo di agenti, tutti associati alla nostra Organizzazione, si propone di permettere l’acquisto ed il noleggio dell’autovettura strumentale dei soci a condizioni assolutamente privilegiate e di diventare nel contempo, entro i prossimi anni, uno dei più importanti player nel settore dell’auto del nostro Paese.

A pochi mesi dall’avvio della nostra Cooperativa possiamo contare 1474 iscritti, 83 autovetture vendute e 164.000 visite al sito internet; anche questo è un modo dell’Usarci di essere vicina agli Agenti, facendoli  risparmiare e fornendo loro a buon mercato un servizio indispensabile.

Ci meritiamo un bel voto per l’idea ed i complimenti per i primi incoraggianti risultati, perché se questo è l’inizio……….…!

L’Usarci è un organismo vivente, in continuo mutamento perché formato da decine di migliaia di persone che associandosi condividono gli ideali di democraticità, libertà , indipendenza ed unità.

Imprenditori, madri e padri di famiglia che nell’Usarci vedono un punto di riferimento e che ci chiedono servizi e tutela.

È nostro preciso compito conoscere la Categoria, i nostri associati, domandare direttamente ad ognuno di loro cosa pensa, cosa si aspetta da noi, quali sono i timori, cosa vorrebbe che si facesse per il bene collettivo.

Per questo abbiamo promosso un importante sondaggio inviando oltre centomila questionari, che per la compilazione necessitavano di almeno 15 minuti; nonostante ciò la risposta è stata assolutamente superiore alle più ottimistiche previsioni: ci hanno risposto poco meno di 4000 colleghi.

Abbiamo raccolto un’enorme quantità di dati, di informazioni, di opinioni che spaziano su tutti gli aspetti dell’attività fino ad arrivare all’Enasarco.

L’elaborazione di tutti questi dati sarà la futura agenda dei lavori dell’Usarci e nel contempo rappresentano anche le richieste che la Categoria fa alla nostra Organizzazione.

Tra tutti i dati quello che più mi ha colpito riguarda la richiesta di una maggiore unità sindacale; la Categoria ci domanda una maggior coesione e meno sigle e siglette sindacali dietro le quali troppo spesso si nascondono piccoli interessi di parrocchia.

La coesione di chi si propone alla guida del nostro sistema sindacale è dunque una priorità necessaria a restituire fiducia ed a sconfiggere gli umori dell’anti sindacalismo.

I nostri colleghi nel rispondere al questionario hanno dimostrato di non aver ceduto di fronte a chi predicava il tanto peggio tanto meglio.

Quello che ci ha detto la Categoria è “state insieme”, ci hanno domandato coesione nell’affrontare i grandi temi, perché ce né bisogno, perché solo così saremo in grado di svolgere il nostro compito di essere al fianco di ogni nostro Associato, di ogni Agente di commercio, perché solo così potremmo assisterli nel faticoso compito di ricercare del nuovo lavoro e produrre nuova ricchezza.

Non deludeteci ci ha detto la Categoria.

Hanno ragione loro, perché se non lavoreremo insieme non riusciremo mai a raggiungere quei sacrosanti risultati che la Categoria ci chiede.

Facciamocene una ragione.

Il tema dell’unità sindacale è sempre stato un mio sogno, per questo mi sono attivato insieme al Consiglio Direttivo dell’Usarci, per questo ho preso molti schiaffi, ma nonostante ciò continuerò tenacemente su questa strada.

All’interno della nostra Categoria, la crisi ha fatto emergere nuove metodologie di lavoro, nuovi modi di fare l’Agente di commercio, la creatività e la vivacità del nostro tessuto imprenditoriale ha scoperto nuovi territori per fare business.

Immediatamente intorno al nostro mondo stanno crescendo nuove realtà, nuovi rami si stanno sviluppando dal tronco della tradizionale Agenzia commerciale, parlo delle reti di agenzia, agenzie con concessione e così via.

Anche nel nostro settore è in corso un profondo rimodellamento del tessuto imprenditoriale che abbandona i vecchi schemi legati esclusivamente alla vendita per spingersi nei servizi e nel post vendita.

Chi vendeva materiali per l’edilizia, oggi per restare sul mercato deve poter dare alla clientela dalla progettazione ai tessuti per l’arredo.

Chi prima vendeva lampadari oggi deve fornire al cliente l’illuminazione che desidera: il progetto e le certificazioni al miglior prezzo.

Tantissimo fermento c’è sul mercato e tantissimo anche  tra gli Agenti di commercio e se l’Usarci vuole crescere deve aprire le porte delle Associazioni territoriali anche alle nuove figure che si stanno proponendo sul mercato e non permettere che questi Colleghi siano lasciati soli in una “terra di mezzo”.

Ricordiamoci che la missione dell’Usarci è difendere gli Agenti di commercio e la loro libertà di agire sul mercato e se in passato forse abbiamo fatto poco per favorire l’associazionismo di quelle figure “a cavallo” dell’intermediazione, dobbiamo farlo oggi, in situazioni meno propizie ma con grandi opportunità.

Anche in tema di relazioni intersindacali è necessario cambiare passo. La Categoria ci domanda unità e dobbiamo almeno provare a realizzare questa unità, almeno sui temi di interesse collettivo.

Con le consorelle dobbiamo parlare di rappresentanza per avere regole certe con cui costruire nuove e moderne relazioni intersindacali.

Per dare alla nostra Categoria le riforme di cui necessita bisogna avere il coraggio di decidere rapidamente.

Noi non abbiamo pregiudizi e siamo aperti al cambiamento. Dal nostro sondaggio, dalle risposte avute anonimamente da circa 4000 colleghi in tutta Italia è emerso uno spaccato associativo che pone l’Usarci quale prima Associazione sindacale.

Forse è giunto il momento che si abbia coraggio e che si sia noi a stimolare un’unità che possa farci confrontare con un mondo in continuo cambiamento. Dobbiamo abbattere i muri che ci dividono ed allargare gli spazi.

In questa mia relazione ho tenuto quale ultimo argomento quello riguardante la nostra Fondazione previdenziale: l’Enasarco.

Voglio subito dire una cosa a proposito dell’Enasarco, è il nostro ente di previdenza e la sua missione è una e solo questa, dare le pensioni.

Quindi chi pensa che con l’Enasarco si possa fare altro è fuori strada e deve dire con chiarezza che ogni euro speso per fare qualsiasi altra cosa, che non sia dare pensioni, fa sì che si debbano aumentare i contributi ed abbassare le rendite.

Questo deve essere chiaro.

Un’altra cosa deve essere ben chiara a tutti, che l’Enasarco è una Fondazione privata solo sulla carta, ma nella realtà è soggetto come l’INPS alle leggi relative l’assetto previdenziale del Paese ed al controllo del Ministero del Lavoro, di quello dell’Economia, della Corte dei Conti e della Covip.

Quindi l’Enasarco non può per legge erogare pensioni di anzianità, è obbligato ad individuare l’età pensionabile in quella prevista dalle leggi in materia, non può erogare pensioni a chi non  ha i requisiti di età anagrafica e di  anni contributivi.

Parlo dei cosiddetti “silenti”, di quegli ex colleghi che non hanno raggiunto il minimo degli anni contributivi necessari per maturare la pensione.

Parlo di persone che sotto il profilo umano devono  essere  assolutamente comprese ma che non hanno diritto di avere la pensione perché non hanno chiesto di effettuare la contribuzione volontaria per raggiungere il diritto alla pensione nemmeno quando il contributo volontario era fissato in 240 € l’anno.

Parlo di una massa importante di soggetti ai quali, se si riconoscesse una pensione, oppure come chiede qualche altro si restituissero i contributi versati,  farebbero fallire l’Enasarco facendo cessare l’erogazione di tutte le pensioni esistenti e anche questo deve essere chiaro a tutti.

Il problema dei silenti vale per l’INPS oltre tre milioni di posizioni, eppure nessuno ne parla, mi domando quindi perché se ne parli così tanto solo riferendosi all’Enasarco.

Si fa un gran parlare degli immobili dell’Enasarco, tutti e dico tutti, comprati quando era un Ente di diritto Pubblico, immobili che rendevano a bilancio lo 0,9% lordo, che erano affittati in maniera clientelare, che non avevano manutenzione e così via.

Oggi che il Consiglio di Amministrazione ha varato il piano di dismissione immobiliare più importante sul mercato per liberarsi di tutti i palazzi, di tutti gli inquilini, di tutte le clientele, c’è chi grida allo scandalo.

Ma il vero scandalo sarebbe stato tenerseli e far rendere i nostri contributi lo zero virgola.

Eppure la dismissione immobiliare, dopo un inceppamento, dovuto alla crisi bancaria ed alla difficoltà di erogare mutui, ora sta funzionando bene, sta portando liquidità nelle casse della Fondazione e sta liberandoci di un fardello che nulla ha a che vedere con la sua missione.

La missione dell’Enasarco non è quella di essere un immenso proprietario immobiliare, di fare l’amministratore di condominio, impegnando un esercito di portinai, un altro di geometri ed un altro ancora di dipendenti addetti all’amministrazione.

La sua missione è quella di dare le migliori pensioni possibili e basta!

La missione dell’Enasarco non è quella di fare clientela o di fare la politica della casa per conto dello Stato, ma quella di dare le pensioni agli Agenti di Commercio che hanno maturato il diritto.

Su alcuni giornali ho letto che l’Enasarco svendeva le case, poi che le vendeva a valori eccessivi a danno degli inquilini, poi che non riusciva a venderli.

Ho letto che l’Enasarco è un baraccone da chiudere, che non funziona, che il suo patrimonio è al lumicino.

Ricordate la storia della volpe e dell’uva?

Da quando l’Enasarco è stato privatizzato non è più stato comprato un solo immobile, il tempo per il pagamento delle pensioni è passato da più di otto mesi a 30 giorni, il Firr era liquidato in oltre 10 mesi ed ora è l’agente stesso che se lo auto liquida on-line dal sito Enasarco.

L’Enasarco è stato accusato dalla stampa, da molti parlamentari, dai media di essere stato azionista della fallita banca d’affari americana Lehman Brothers e ciò è stato oggetto di innumerevoli interrogazioni parlamentari, di altrettanti controlli di tutti gli enti di vigilanza che hanno appurato che ciò non era vero.

Eppure si continua a dirlo.

Ma anzi, pochi giorni fa l’Alta Corte Londinese ha condannato il curatore fallimentare di Lehman Brothers al riconoscimento all’Enasarco di un credito pari a circa 62 milioni di dollari, oltre gli interessi, per i danni arrecati alla Fondazione, a seguito del venir meno della copertura assicurativa sugli investimenti in favore di Enasarco.

E con questo anche la Corte Londinese ha appurato che Enasarco non è mai stato azionista della banca d’affari fallita che in verità fungeva esclusivamente da assicuratrice di un investimento.

Questo è quanto.

Il CdA Enasarco ha svolto un importante lavoro di riordino della Fondazione dotandosi di un ufficio di valutazione del rischio degli investimenti, di un ufficio di valutazione delle controparti contrattuali, ha profondamente riformato lo Statuto prevedendo l’elezione diretta da parte della Categoria della propria Governance.

Gli investimenti mobiliari hanno iniziato a dare ottimi frutti, il bilancio che approverà a breve il CdA è largamente positivo, il rapporto tra prestazioni erogate e contributi incassati è avviato al pareggio ed il patrimonio della Fondazione rappresenta sostanzialmente i requisisti di annualità richiesti dalla legge.

A chi mi domandasse se l’Enasarco potrebbe fare di più e meglio risponderei di sì, a chi mi chiedesse se potrebbe essere più vicino e sensibile alle istanze della Categoria, risponderei sì, direi che potrebbe fare molto meglio e molto di più.

Ma a chi domanda che venga inglobato nell’INPS rispondo che è un autolesionista che non vede oltre il proprio naso e che sta guardando l’uva a cui lui non arriverà mai!

D’altra parte nei circa 4000 questionari ricevuti ben l’80% degli agenti ha risposto di ritenere utile l’Enasarco; oltre il 50% ritiene che le notizie negative apparse sui media abbiano lo scopo di screditare l’Enasarco per sottrarlo alla sua indipendenza; l’81% lo ritiene un valore aggiunto per la Categoria; il 79% ritiene che il patrimonio sia corretto per assicurare le prestazioni e il 75% non accetta che si possano abbassare le prestazioni o aumentare i contributi per erogare le pensioni anche ai così detti “silenti”.

Quindi chi dice il contrario sappia che non rappresenta affatto la Categoria.

Come ho detto, il nuovo Statuto Enasarco, approvato definitivamente nel CdA del 14 maggio scorso ed ora all’approvazione dei Ministeri vigilanti, introduce l’importantissima novità della consultazione elettorale: le elezioni dirette da parte della Categoria e delle Mandanti della Governance della Fondazione.

Questo segnerà un cambiamento epocale, perché saranno finalmente tutti gli agenti a scegliere chi dovrà gestire le loro pensioni.

L’Usarci dovrà cimentarsi in una nuova ed affascinante avventura, dovremo fare la nostra campagna elettorale, dovremo farci conoscere meglio dalla Categoria e farci valutare per chi siamo e che programma proporremo.

A proposito del programma, ci torna in aiuto il nostro sondaggio dandoci importanti indicazioni, infatti: oltre l’80% della Categoria ritiene più equo rendere imponibile al contributo previdenziale tutto il reddito abbassando le attuali percentuali; il 74% ritiene penalizzante il mono mandato; il 64% è favorevole alla soppressione delle attuali prestazioni integrative erogate dall’Enasarco in favore di una assistenza sanitaria; il 78% ritiene necessario incentivare i giovani ad intraprendere la nostra attività; il 60% ritiene necessario mantenere un contributo di solidarietà per assicurare le prestazioni nel tempo.

Risposte di una Categoria responsabile e matura, che non si è fatta infinocchiare dai molti suonatori di piffero che hanno tentato in ogni maniera di delegittimare il ruolo di una istituzione con oltre 70 anni di storia alle spalle e che non ha mai saltato per un solo mese di pagare le pensioni.

Questo lo si riscontra anche nel 85% di risposte al sondaggio, favorevoli al fatto che i futuri amministratori siano in possesso di precisi requisiti di professionalità, nel  77% che mai voterebbe per un programma che prevedesse la confluenza dell’Enasarco nell’INPS, nel 76% che ritiene l’elezione diretta degli Organi un ottimo risultato, nel 68% che dichiara che sicuramente parteciperà alle elezioni e nel 78% che domanda assolutamente che il futuro Presidente provenga dal mondo degli Agenti.

Tutte indicazioni importanti e significative di cui dovremo tener conto perché abbiamo detto che vogliamo e possiamo fare di meglio, che gli spazi per farlo ci sono ed a questo proposito penso ad esempio all’assistenza sanitaria.

Nel nostro Paese la spesa sanitaria rappresenta il 9,2% del PIL, ed il budget familiare  negli ultimi 7 anni è cresciuto del 3,1% attestandosi ai livelli di Paesi con livelli di  reddito sensibilmente più alti.

L’aspettativa di vita in Italia si mantiene su livelli altissimi con 82,3 anni, al di sopra della media OCSE.

Ma l’allungamento della vita media non implica automaticamente che gli anni “guadagnati” siano caratterizzati da buona salute e poiché ogni fase di vita implica rischi diversi che non possono essere fronteggiati solo con le risorse pubbliche, è necessario smobilizzare risorse private.

Il rischio pensionistico ed il rischio sanitario si incrociano in maniera strutturale e non solo riguardo al tema della “longevità” e della non-autosufficienza.

La nostra Categoria oltre 70 anni fa ha saputo essere lungimirante realizzando la prima forma di previdenza integrativa del Paese, oggi noi potremmo esserlo nuovamente, realizzando uno “strumento” complementare e sinergico alla nostra previdenza integrativa che tragga spunto, all’interno dell’Enasarco, da una ricollocazione delle risorse oggi impegnate per erogare gli assegni funerari, gli assegni parto, le borse di studio, le colonie estive, le cure termali e la copertura assicurativa infortuni.

Come vedete ci aspettano grandi sfide, vincendo le quali però potremo ottenere dei grandi risultati per la nostra Categoria, per il Paese e per la nostra Organizzazione.

Noi crediamo ad un futuro migliore, ecco perché siamo pronti a batterci con tutte le nostre forze, il nostro ingegno e la nostra passione. Lo faremo.

L’Usarci rappresenta un’Organizzazione importante, non solo per la rilevanza degli interessi che rappresentiamo, ma soprattutto per la sintesi che ne facciamo a beneficio della Categoria e del Paese.

Al nostro interno ci sono identità ed appartenenze profondamente diverse, così come modi culturali che fanno riferimento a contesti tra loro lontani, rappresentiamo un tessuto diffuso di piccole imprese che nel loro insieme sono l’indispensabile sistema di connessione tra la produzione e la distribuzione.

Ebbene tutto ciò ha un unico domicilio: Via delle Sette Chiese 144  a Roma.

Cari amici, nel concludere vi ringrazio di cuore per le tante testimonianze di amicizia e sostegno.

Io, insieme ai Vice Presidenti, ai Consiglieri nazionali, al Tesoriere ed al Segretario Usarci, ricambiamo il vostro affetto con il nostro impegno concreto che si confronta ogni giorno con le difficoltà per un futuro migliore.

L’Usarci è una magnifica squadra, un gruppo che sa stare insieme, perché per comandare basta una persona, ma per governare si deve essere insieme.

Grazie

Viva l’USARCI